Adorazione Eucaristica
Domenica delle Palme e della Passione del Signore
SAC. “Dio onnipotente ed eterno, che hai dato come modello agli uomini il Cristo tuo Figlio, nostro Salvatore, fatto uomo e umiliato fino alla morte di croce, fa’ che abbiamo sempre presente il grande insegnamento della sua passione, per partecipare alla gloria della risurrezione.” (Colletta)
G. In questa Domenica, preludio alla Pasqua del Signore, la Liturgia ci invita ad aprire gli occhi per contemplare, con lo sguardo illuminato dalla fede, il grande mistero dell’Amore che si sta compiendo. Per Gesù è giunta la sua “ora”: tutto è pronto! Lo Sposo fa il suo ingresso nella città amata dove desidera celebrare la Pasqua con i suoi. Alla sera, nella sala alta, lo Sposo rivelerà parole d’amore e stabilirà l’eterna Alleanza incisa nel cuore. Imitiamo le folle di Gerusalemme ed entriamo dietro a Gesù nella città santa, per seguirlo sino alla croce ed essere così partecipi della sua risurrezione. E’ questa, infatti, la prospettiva teologica con la quale celebrare la Santa Settimana: la croce è la via che porta alla risurrezione.
SAC. “Per noi Cristo si è fatto obbediente fino alla morte, e alla morte di croce. Per questo Dio l’ha esaltato e gli ha dato il nome che è sopra ogni altro nome.”
+ Dal Vangelo secondo Marco.
(…) Condussero Gesu al luogo del Golgota, (...) lo crocifissero e si divisero le sue vesti (...). Con lui crocifissero anche due ladroni, uno a destra e uno alla sua sinistra. Quelli che passavano di la lo insultavano (...) e dicevano: Ha salvato altri e non può salvare se stesso! Il Cristo, il re d'Israele, scenda ora dalla croce, perche vediamo e crediamo! . E anche quelli che erano stati crocifissi con lui lo insultavano. Quando fu mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio. Alle tre, Gesu grido a gran voce: Eloì, Eloì, lemà sabactanì? , che significa: Dio mio, Dio mio, perche mi hai abbandonato?. Udendo questo, (...) uno corse a inzuppare di aceto una spugna, la fisso su una canna e gli dava da bere. (...) Ma Gesu, dando un forte grido, spiro. Il velo del tempio si squarcio in due, da cima a fondo. Il centurione, che si trovava di fronte a lui, avendolo visto spirare in quel, modo, disse: Davvero quest’uomo era Figlio di Dio ! .
Parola del Signore.
Pausa di Silenzio
G. La Liturgia invita a riflettere sul Mistero centrale della fede cristiana ossia sulla passione, morte e risurrezione del Signore. Il contrasto che la stessa Liturgia crea tra ingresso festoso di Gesù in Gerusalemme e annuncio della sua passione vuole evidenziare il vero significato del messianismo di Gesù: egli non risponde alle attese di un messia trionfante, che instaura un nuovo ordine politico e sociale, ma si pone piuttosto al servizio degli uomini nella linea del servo di Dio sofferente, obbediente fino alla morte.
Tutti
Dal Salmo 21: Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato?
Si fanno beffe di me quelli che mi vedono,
storcono le labbra, scuotono il capo:
«Si rivolga al Signore; lui lo liberi,
lo porti in salvo, se davvero lo ama!».
Un branco di cani mi circonda,
mi accerchia una banda di malfattori;
hanno scavato le mie mani e i miei piedi.
Posso contare tutte le mie ossa.
Si dividono le mie vesti,
sulla mia tunica gettano la sorte.
Ma tu, Signore, non stare lontano,
mia forza, vieni presto in mio aiuto.
Annuncerò il tuo nome ai miei fratelli,
ti loderò in mezzo all’assemblea.
Lodate il Signore, voi suoi fedeli,
gli dia gloria tutta la discendenza di Giacobbe,
lo tema tutta la discendenza d’Israele.
Pausa di Silenzio
Nella liturgia odierna leggiamo la Passione, quest'anno dal Vangelo di Marco. È una lettura che cerchiamo di affidare a più lettori e quindi che ci presenta una distinzione delle voci: quella del cronista, quella di Gesù e poi quella che tradizionalmente si chiamava in latino turba, cioè tutte gli altri personaggi.
Uno dei modi di meditare la Passione consiste nel riprendere queste voci della turba: sono le voci che si agitano in noi, che però in questo racconto hanno un esito insperato, sfociano, come vedremo, in una conversione.
Cominciamo con la voce di coloro che sono con Gesù a Betania nella casa di Simone il lebbroso quando una donna viene a spargere dell'olio profumato sui suoi piedi: hanno una reazione sdegnata.
Perché tutto questo spreco di olio profumato! Si poteva benissimo vendere quest'olio per più di trecento denari e darli ai poveri. Perché questo spreco immenso della Passione e della morte del nostro Signore Gesù Cristo?
Dal punto di vista umano, perché una persona delle qualità e delle potenzialità di Gesù si lascia rinnegare, uccidere, annientare in questo modo? E, più profondamente, perché Dio sceglie questo modo per salvarci? Perché questo spreco?
È un mistero che fa orrore alla nostra mentalità utilitaristica, alla nostra ossessione con il risultato, al nostro desiderio costante di affermarci al di sopra degli altri, di utilizzare quello che abbiamo per venderci cari, per non sprecarci, per non spenderci.
Certo è legittimo desiderare la valorizzazione di quello che siamo, ne abbiamo bisogno, ma non a qualsiasi costo. C'è un valore più grande, o piuttosto, c'è una maniera più grande di valorizzare noi stessi, che è quella di spenderci per Dio e per i fratelli a causa di Dio.
Assistiamo, sì, fratelli e sorelle, allo spreco di olio profumato. Talvolta abbiamo l'impressione che la nostra vita sia sprecata come questo olio profumato, ma nello stesso tempo nulla è sprecato di ciò che è donato, nulla è sprecato di ciò che è offerto in rendimento di grazie a Dio, nulla è sprecato di ciò che diventa Eucarestia in unione con Cristo, con la passione di Cristo.
Passiamo poi a quest'altra voce: Non rispondi nulla? Vedi di quante cose ti accusano? È la voce di Pilato, ma è anche la nostra voce.
Mentre vediamo Gesù avanzare attraverso le umiliazioni, le false accuse, i rinnegamenti di questa Passione, non possiamo non essere scandalizzati dal suo silenzio: "Gesù, non rispondi nulla? Vedi di quante cose ti accusano?".
Eppure a Gesù non mancava certo l'eloquenza. Diverse volte nel vangelo si sottolinea che tutti erano sorpresi dal fatto che parlasse con autorità, erano sorpresi dalle cose che diceva. Fin da quando era bambino i dottori nel Tempio erano strabiliati dalla sua saggezza e dalla grazia con la quale si esprimeva.
Perché allora durante la Passione Gesù tace? Perché non risponde nulla? Arriva il momento, fratelli e sorelle, e spesso possiamo sperimentarlo nelle nostre vite, nel quale ci rendiamo conto che non vale più neanche la pena di difendersi, perché di fronte a noi c'è solo un muro, non c'è più la volontà di ascoltare, c'è solo ostilità e rifiuto. Tacere allora non è una rinuncia all'altro.
Al contrario, il silenzio può essere l'espressione di una consapevolezza che la sola maniera di conquistare l'altro, ad un certo punto, diventa una specie di resistenza passiva, un silenzio che non è ostilità, non è chiusura, ma diventa attesa. Un silenzio non vuoto, ma che sa e deve riempirsi di preghiera, di intercessione.
Tutti viviamo l'esperienza del "nemico", non perché ci siano dei veri nemici ma perché è inevitabile che nelle nostre vite si producano conflitti, malgrado tutte le buone intenzioni nostre e degli altri.
È inevitabile che sorgano incomprensioni che giungono a livelli tali da rendere il dialogo impossibile. Si introduce allora un silenzio spesso pesante, spesso sofferto, che non è però un silenzio passivo.
Come con Gesù, ci sono situazioni nelle quali dobbiamo saper accettare di non rispondere nulla, anche di fronte a tutto ciò di cui siamo accusati. Non per rassegnazione, ma per un eccesso di speranza, perché il Signore - come dice il Salmo - giudica la nostra causa.
Ciò che ci importa è ciò che il Signore pensa di noi. E sappiamo che rimettendo al Signore la nostra causa, egli ci risponderà, il Signore ci salverà e cambierà il cuore di coloro che ci odiano e trasformerà l'incomprensione in salvezza, in redenzione, per gli altri e per noi stessi.
Un'altra voce della Passione è poi quella di coloro i quali di fronte alla croce gridano: Ha salvato altri, non può salvare se stesso? Cristo, Re di Israele, scenda ora dalla croce perché vediamo e crediamo. Ha salvato altri, non può salvare se stesso?
Prima ci meravigliavamo del silenzio di Gesù, poi ci meravigliamo del fatto che lui che è Dio, che ha il potere di far venire una legione di angeli, che è onnipotente, che può tutto, resta sulla croce, non scende, non ci dà questa dimostrazione che, crediamo noi, sarebbe quella decisiva - una dimostrazione di potere, di forza.
Ma Gesù sa che non è scendendo dalla croce che saremo condotti a credere. Sa che non è il potere che ci salva ma l'amore. Sa che possiamo essere condotti a credere solo dal fatto che egli dimora sulla croce, che fino alla fine non si tira indietro e che ci dimostra così il suo amore, un amore che sa andare fino alla morte e alla morte di croce.
Tutte queste voci nella Passione sono scoordinate, sono gridate, sono acute, sono - come dicevamo all'inizio - un ultimo, disperato tentativo del peccato che è in noi - sono l'espressione dello scandalo che ci causa la vista di questo Dio fatto uomo, di questo Dio che prende su di sé il nostro peccato, di questo Dio che soffre. Sono delle voci che si agitano allora come oggi nei nostri cuori.
Ma la potenza del silenzio di Gesù, la potenza della sua accettazione della croce, la potenza del suo amore sono tali che ad un certo punto, inaspettatamente, improvvisamente tutte queste voci confluiscono in quella ultima che ascolteremo nella Passione di Marco, quella del centurione: Veramente quest'uomo era figlio di Dio.
Solo quando il silenzio di Gesù è giunto al culmine, solo quando diventa il silenzio della morte, solo quando Gesù resta sulla croce fino a morirvi, solo quando spira, rimettendo, in un atto di suprema obbedienza e di suprema fiducia, il suo spirito al Padre:
Solo in quel momento qualcosa cambia nel nostro cuore, solo allora la nostra voce, le nostre labbra acquistano la capacità di confessare, di credere, di riconoscere in quest'uomo torturato, ucciso, inerme, impotente, in quest'uomo che non può salvare neanche se stesso - o che sembra non possa salvare neanche se stesso e quindi come potrebbe salvare noi - ebbene, solo allora riconosciamo che sì, quest'uomo era il figlio di Dio.
In questa settimana della Passione del Signore nostro Gesù Cristo - fratelli e sorelle - prendiamo tempo per guardare la croce, per contemplare la croce. Guardarla, semplicemente. Non abbiamo bisogno di dire niente, non abbiamo bisogno di fare niente. Dobbiamo solo metterci davanti alla croce e guardarla lungamente.
Perché in essa è espresso tutto il senso delle nostre vite, il senso del nostro passato, del nostro presente, del nostro futuro. Essa è la porta che ci dà accesso alla vita che Dio vuole darci.
Guardando, contemplando questa croce, sussurriamo semplicemente, di tanto in tanto, per alimentare la nostra fede, la voce grazie alla quale siamo salvi, la voce che dà senso a tutta questa immane tragedia, la voce nella quale è racchiuso tutto il senso delle nostre vite: Sì, veramente quest'uomo era figlio di Dio!
Tutti
Signore Gesù,
noi ti ringraziamo
perché la Parola del tuo Amore
si è fatta corpo donato sulla Croce,
ed è viva per noi nel sacramento
della Santa Eucaristia.
Fa’ che l’incontro con Te
Nel Mistero silenzioso della Tua presenza,
entri nella profondità dei nostri cuori
e brilli nei nostri occhi
perché siano trasparenza della Tua carità.
Fa’, o Signore, che la forza dell’Eucaristia
continui ad ardere nella nostra vita
e diventi per noi santità, onestà, generosità,
attenzione premurosa ai più deboli.
Rendici amabili con tutti,
capaci di amicizia vera e sincera
perché molti siano attratti a camminare verso di Te.
Venga il Tuo regno,
e il mondo si trasformi in una Eucaristia vivente. Amen.
Canto:
Pausa di Silenzio
Il racconto della passione e morte di Gesù in croce ci introduce nella settimana centrale di tutto l’anno: sono i giorni del nostro destino. Questo racconto ci chiede non solo di ricordare, ma soprattutto di partecipare.
Se noi crediamo che Cristo è in ogni uomo, che tutti insieme formiamo il suo corpo, allora possiamo sentire che Cristo è ancora in agonia fino alla fine del tempo.
Possiamo accorgerci che è ancora crocifisso in tutti i suoi fratelli, che è bombardato in Siria, ucciso in Nigeria, salta in aria a Baghdad, è naufrago al largo di Lampedusa o è respinto con i rom ai margini delle nostre città.
Noi tutti siamo contemporanei della eterna passione di Dio e dell’uomo, e ad essa possiamo anche partecipare se, come le donne al Calvario, stiamo vicino alle croci infinite dei nostri fratelli;
se, come san Francesco ai piedi di questa croce, abbracciamo il Cristo nei suoi fratelli; se come tutti i santi, abitiamo la croce, diventiamo contemporanei della croce.
La croce è l’immagine più pura e più alta che Dio ha dato di se stesso. Se vuoi capire chi è Dio, devi solo inginocchiarti ai piedi della croce.
«Ha salvato altri, non può salvare se stesso ». Ma Dio è così, Gesù è così, non pensa a salvare se stesso, si dimentica totalmente.
Non grida da lassù: ricordatemi, fate tesoro di quello che vedete, non dimenticatemi. Si affida totalmente, si abbandona, perfino al possibile oblio.
E noi qui disorientati perché viene distrutta la vecchia immagine di Dio e appare un Dio inedito, che non chiede sacrifici ma sacrifica se stesso.
E allora lo stupore è l’innamoramento: dopo duemila anni siamo ancora qui, come le donne, come i discepoli, come Francesco, come il centurione, a stupirci e a innamorarci, perché nella croce c’è bellezza, seduzione, attrazione.
La suprema bellezza è quella accaduta fuori Gerusalemme, sulla collina, dove il Figlio di Dio si lascia inchiodare, povero e nudo, per morire d’amore.
Il fondamento della fede cristiana è la cosa più bella che ci sia al mondo: un atto, d’amore. Un amore eterno penetra nel tempo come una goccia di fuoco, e divampa.
Un uomo nudo, inchiodato e morente, con le braccia aperte in un abbraccio che nulla, mai, potrà annullare, da cui nessuno, mai, ci potrà separare.
Una croce che solleva la terra, che avvicina il cielo, che trascina in alto con sé gli uomini. Perché l’uomo nasce dal cuore trafitto del suo Creatore. L’uomo nasce da questo disarmato amore.
«Quando fu mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra. Alle tre del pomeriggio, Gesù gridò a gran voce: “Eloì, Eloì, lemà sabactàni?”, che significa: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”»;
Ma Dio non l’ha abbandonato. Dio non salva dalla croce, ma nella croce; non protegge dal dolore, ma nel dolore. Infatti il salmo dell’angoscia che Gesù prega sulla croce termina con un grido: «Mi hai risposto, mi hai esaudito». Esaudito non nell’evitare la morte, ma nell’attraversarla e risorgere.
Essere in croce è ciò che Dio deve, nel suo amore, all’uomo che è in croce. L’amore conosce molti doveri, ma il primo è di essere insieme a colui che ama. Dio è sulla croce per essere con me e come me, perché io sia con lui e come lui.
Alla morte di Gesù il primo atto di fede non viene da un discepolo, ma da un estraneo, dal centurione romano. Scrive Marco: «Avendolo visto spirare in quel modo, disse: “Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!”».
Non dallo sfolgorio di una luce nuova, non da un sepolcro che si apre, ma nella tenebra del venerdì santo, vedendolo sulla croce, sul trono dell’infamia, quel soldato esperto di morte, che ha visto e ha dato la morte cento volte, dice: costui era Figlio di Dio.
Morire così, morire d’amore, è rivelazione: è cosa da Dio, il centurione ha visto in quell’uomo l’esatto contrario di ciò che è un soldato. Lui sa che il potere appartiene al più forte, al più crudele.
E invece sulla croce vede il potere di Dio, che non è quello di procurare la morte, ma di dare la vita; che non è quello di asservire l’uomo, ma di porsi a servizio dell’uomo.
Tutti
Non sono degno, Signore,
che tu entri nella mia casa.
Vedi bene che c'è del disordine.
Non è pronta ad accoglierti.
Avrei voluto per te un ambiente più ospitale
e prepararti qualcosa di gustoso, per trattenerti.
Sono impreparato e perciò ti confesso:
non son degno che tu entri!
Mi piacerebbe tanto che, come facesti una volta
con Zaccheo, tu dicessi anche a me:
«oggi devo fermarmi a casa tua».
Non ardisco sperarlo, non oso domandarlo.
Vedi, Signore: la porta è aperta,
ma la casa non è pronta!
Almeno così a me pare. E a te?
Rimaniamo, ad ogni modo,
a parlare un po' sull'uscio.
È bello ugualmente. Ho delle cose da dirti.
Ho, soprattutto, bisogno di ascoltare
tante cose da te.
Quante vorrei udirne dalla tua bocca!
Ne ha bisogno il mio cuore ferito.
Parla, allora, Signore. Ti ascolto.
La tua Parola è vita per me. Vita eterna. Amen.
( Marcello Semeraro Vescovo di Albano)
Pausa di Silenzio
Canto:
Meditazione
Preghiere spontanee
Padre Nostro
G. Signore Gesù, ci ritroviamo davanti a te, accolto e osannato dagli spiriti liberi, come il Figlio di Davide, come colui che viene nel nome del Signore. Anche noi siamo chiamati dalla Liturgia a deporre superficialità ed incostanze, ritardi e rispetto umano, per proclamare, con la vita, la nostra fede in te, unico salvatore dell'uomo. Donaci la grazia di contemplare, in questi giorni, la grandezza del tuo mistero di amore e la fragilità delle nostre scelte inconsistenti. Tu sei il crocifisso che raccoglie l'umanità dispersa. Donaci la forza di saper portare vicendevolmente le nostre croci, per trovarle tutte trasfigurate dal tuo martirio di amore. La preghiera sia la nota dominante di questa grande Settimana Santa. La tua Parola ci scuota, il tuo sacrificio ci converta, il tuo amore ci salvi. La tua Passione ci sospinga alla soglia del sepolcro per ritrovarti risorto ed immortale.
Tutti
Preghiera per le vocazioni sacerdotali
Obbedienti alla tua Parola, ti chiediamo, Signore:
“manda operai nella messe”. Nella nostra preghiera, però,
riconosci pure l’espressione di un grande bisogno:
mentre diminuiscono i ministri del Vangelo,
aumentano gli spazi dov’è urgente il loro lavoro.
Dona, perciò, ai nostri giovani, Signore,
un animo docile e coraggioso perché accolgano i tuoi inviti.
Parla col Tuo al loro cuore e chiamali per nome.
Siano, per tua grazia, sereni, liberi e forti;
soltanto legati a un amore unico, casto e fedele.
Siano apostoli appassionati del tuo Regno,
ribelli alla mediocrità, umili eroi dello Spirito.
Un’altra cosa chiediamo, Signore:
assieme ai “chiamati”non ci manchino i “chiamanti”;
coloro, cioè, che, in tuo nome,
invitano, consigliano, accompagnano e guidano.
Siano le nostre parrocchie segni accoglienti
della vocazionalità della vita e spazi pedagogici della fede.
Per i nostri seminaristi chiediamo perseveranza nella scelta:
crescano di giorno in giorno in santità e sapienza.
Quelli, poi, che già vivono la tua chiamata
- il nostro Vescovo e i nostri Sacerdoti -,
confortali nel lavoro apostolico, proteggili nelle ansie,
custodiscili nelle solitudini, confermali nella fedeltà.
All’intercessione della tua Santa Madre,
affidiamo, o Gesù, la nostra preghiera.
Nascano, Signore, dalle nostre invocazioni
le vocazioni di cui abbiamo tanto bisogno. Amen.
(+ Marcello Semeraro Vescovo di Albano)
Canto: Tantum Ergo
Tantum ergo Sacramentum
Veneremur cernui
Et antiquum documentum
Novo cedat ritui
Praestet fides supplementum
Sensuum defectui.
Genitori Genitoque
Laus et jubilatio
Salus, honor, virtus quoque
Sit et benedictio.
Procedenti ab utroque
Compar sit laudatio.
V Hai dato loro il pane disceso dal cielo.
R Che porta con sé ogni dolcezza.
Concedi, O Dio Padre, ai tuoi fedeli di innalzare un canto di lode all' Agnello immolato per noi e nascosto in questo santo mistero, e fa' che un giorno possiamo contemplarlo nello splendore della tua gloria.
Per Cristo nostro Signore. Amen
Elevazione del Santissimo Sacramento e Benedizione Eucaristica.
Al termine: Acclamazioni:
Dio sia benedetto.
Benedetto il Suo Santo Nome.
Benedetto Gesù Cristo vero Dio e vero Uomo.
Benedetto il Nome di Gesù
Benedetto il suo Sacratissimo Cuore.
Benedetto il suo Preziosissimo Sangue.
Benedetto Gesù nel santissimo sacramento dell’altare.
Benedetto lo Spirito Santo Paraclito.
Benedetta la gran Madre di Dio, Maria Santissima.
Benedetta la sua Santa ed Immacolata Concezione
Benedetta la sua gloriosa Assunzione.
Benedetto il nome di Maria, Vergine e Madre.
Benedetto San Giuseppe suo castissimo sposo.
Benedetto Dio nei suoi angeli e nei suoi santi.