S.Luisa di Marillac

Luisa (Ludovica) nasce nel 1591 a Ferrieres e ha un'infanzia agiata. Dopo il 1604, morto il padre, viene tolta dal regio collegio e affidata a una «signorina povera» (forse sua madre), che l'avvia al lavoro. In questo periodo matura il proposito di farsi religiosa. Ma i parenti la danno in sposa nel 1613 allo scudiero e segretario di Maria de' Medici, Antonio Le Gras. I frequenti colloqui con Francesco di Sales, incontrato la prima volta a Parigi nel 1618, aiutano Ludovica a superare le proprie sofferenze. Poi nel 1624, grazie all'incontro con Vincenzo de' Paoli, diventa cofondatrice dell'Istituto delle Figlie della Carità. Poco dopo, nel dicembre 1625, morto il marito ed entrato in seminario il figlio Michele, accoglie in casa sua le prime giovani venute dal contado per mettersi al servizio dei poveri, in collaborazione con le Dame della Carità. Era il primo nucleo della nuova congregazione, dai lei guidata fino alla morte, avvenuta nel 1660. (Avvenire)L'incontro di Luisa (Ludovica) de Mariliac con Vincenzo de Paul (o de' Paoli), sul finire del 1624, determinò una svolta rivoluzionaria nell'esercizio della carità e nella vita religiosa. "Voi avete per monastero - ripeteva S. Vincenzo alle prime Figlie della Carità, delle quali S. Luisa de Marillac fu confondatrice - solo le case degli ammalati, per cella una camera d'affitto, per cappella la chiesa parrocchiale, per chiostro le vie della città, per clausura l'obbedienza, per grata il timor di Dio, per velo la santa modestia". Sono parole che meglio di ogni profilo biografico dipingono la vita della santa odierna, umile, intelligente e duttile collaboratrice del grande santo della carità. "Solo Dio conosce quale forza d'animo ella possieda", disse S. Vincenzo, a commento della sua attività instancabile, nonostante le precarie condizioni di salute e le molte tribolazioni.Figlia naturale di Luigi de Marillac, signore di Ferrières e consigliere al Parlamento, ebbe un'infanzia agiata; ma dopo il 1604, mortole il padre, la quattordicenne Luisa fu tolta dal regio collegio e affidata a una "signorina povera" (forse sua madre), che l'avviò al lavoro. In questo periodo Luisa conobbe la sua origine e ne soffrì, maturando il proposito di farsi religiosa. I parenti decisero altrimenti e Luisa il 5 febbraio 1613 sposò lo scudiero e segretario di Maria de' Medici, Antonio Le Gras. Il 19 ottobre di quell'anno le nasceva un bimbo, Michele. La lunga malattia del marito e le sopraggiunte difficoltà finanziarie turbarono quasi sul nascere l'armonia tra i due coniugi, al punto che Luisa pensò alla separazione.I frequenti colloqui con S. Francesco di Sales, incontrato la prima volta a Parigi nel 1618, l'aiutarono a superare questo difficile momento. Poi Vincenzo de' Paoli l'associò alla progettata fondazione dell'Istituto delle Figlie della Carità. Poco dopo, nel dicembre 1625, morto il marito ed entrato in seminario il figlio Michele, Luisa poté accogliere in casa sua le prime giovani venute dal contado per mettersi al servizio dei poveri, in collaborazione con le Dame della Carità. Era il primo nucleo della nuova rivoluzionaria congregazione.Restò sulla breccia fino all'ultimo momento. Morì il 15 marzo del 1660, pochi mesi prima del "padre dei poveri", da cui attinse la semplicità della vita interiore e lo spirito pratico. In sintonia con il pensiero del santo fondatore, secondo il quale la santità è tanto più vera quanto più nascosta, Luisa de Marillac ebbe gli onori degli altari soltanto l'11 marzo 1934. Nel 1960 papa Giovanni XXIII la dichiarava patrona delle Assistenti Sociali.

 

L’anno 1660 è stato un anno di grandi perdite per la famiglia vincenziana. Antonio Por­tail, il primo confratello di Vincenzo de Paoli e il primo Direttore delle Figlie della Cari­tà muore in febbraio. Luisa di Marillac, sua collaboratrice e amica, muore in marzo e lui stesso morirà in settembre. Quantunque il nome e l’opera di Vincenzo de Paoli siano universalmente riconosciute dopo il 17.mo secolo, quelle di Luisa di Marillac sembrano completa­mente sconosciute. Sarà solo nel 1983 che uscirà definitivamente dall’ombra del Signor Vincenzo per prendere il suo posto, a pari titolo, non semplicemente come fondatrice delle Figlie della Carità, ma come una donna d’oggi. Con le sue parole e con le sue opere è stata capace di risvegliare in tutti la consapevolezza del suo valore.

 

Chi era Luisa di Marillac nel 17.mo secolo

 

Nel maggio del 1629, Vincenzo de Paoli manda la giovane vedova, che aveva incontrato qualche anno prima, a visitare le Confraternite della Carità, che avevano incominciato tanto bene, ma dopo un po’ avevano perso il loro entusiasmo. Avevano bisogno di ritrovare l’entusiasmo delle origini. Per Vincenzo nessuno era più qualificato a questa opera di Luisa di Marillac. Vi riusciva in modo molto efficace e Vincenzo se ne rallegrava.

 

Quando Luisa ha incontrato Vincenzo, tra la fine del 1625 e gli inizi del 1626, aveva perso il ma­rito dopo una lunga e penosa malattia. Si trovava sola con un figlio di 12 anni e in una situazione finanziaria precaria. Era una donna fragile che cercava la sua via. Vincenzo l’ha accompagnata. A poco a poco discerneva dietro l’apparenza del dubbio, dell’esitazione e dell’ansietà, una donna forte, dotata di doni eccezionali, capaci di renderla un “leader” che egli cercava per collaborare con lui nelle sue opere di carità.

 

L’invio in missione nel maggio 1629 non era che l’inizio di una amicizia e di una collaborazione che trasformeranno la vita consacrata femminile e il servizio dei più poveri in Francia e altrove e che continua sino ad oggi in tutto il mondo. Al centro di tutte queste trasformazioni radicali vi è la figura di Luisa di Marillac. Si è resa conto molto presto della necessità di riunire insieme in una comunità delle giovani contadine che formava, su richiesta di Vincenzo de Paoli, per lavorare con le Dame della Carità al servizio dei poveri malati a domicilio. Nello stesso slancio fondava le Figlie della Carità, costruendo un ponte al di sopra dell’abisso che separava i ricchi e i potenti dai conta­dini e dai poveri come anche gli uomini dalle donne. Con Vincenzo de Paoli e le prime Figlie della Carità, creava una vasta rete di carità che non escludeva nessuno.

 

 

 

Vincenzo de Paoli aveva una grande visione dei bisogni dei poveri. Luisa aveva la capacità dell’or­ganizzazione, l’attenzione ai dettagli, l’audacia e la creatività per trasformare questa visione in realtà. Basta guardare l’opera dei Trovatelli alla quale si era appassionata, senza dubbio a causa della sua nascita come “figlia naturale”, e quella dell’ Ospi­zio del Santo Nome di Gesù, per le persone anzia­ne, per verificare la verità di questa affermazione.

 

Perché scompariva?

 

Considerato tutto quanto si è appena detto sul­la stretta collaborazione tra Vincenzo e Luisa sia per la fondazione delle Figlie della Carità che per lo sviluppo delle opere di carità che rispondeva a tutta una serie di bisogni dei più poveri, si rima­ne sorpresi dinanzi alla scomparsa quasi totale di Luisa di Marillac.

 

Anche dopo la sua canonizzazione nel marzo 1934 (due secoli dopo quella di Vincenzo de Paoli) e durante la celebrazione nel 1960 del terzo cente­nario della loro morte, si parla appena di lei.

 

La risposta a questa scomparsa è duplice. Da una parte vi era lo sforzo per glorificare Vincen­zo de Paoli e farlo canonizzare, quanto più presto possibile dopo la sua morte, come il grande apo­stolo della carità. In questo progetto, vi era un po­sto per le Figlie della Carità, ma come figlie di San Vincenzo de Paoli. Ma non vi era un posto per una collaboratrice che avesse dato carne e ossa alle sue idee. Quindi non si parlava di lei e ancor meno dei suoi contributi. Comunque bisogna riconoscere che, ancora vivente, Luisa di Marillac non ha mai cercato di mettersi in mostra. Lei stessa ci dice:

 

“Nostro Signore, nascendo nella povertà e nell’abbandono delle creature, mi insegna la purezza del suo amore, …Allo stesso modo debbo imparare a tenermi nascosta in Dio, nel desiderio di servirlo senza ricercare il plauso delle creature e la soddisfazione del loro ap­prezzamento. Debbo accontentarmi che Dio veda ciò che voglio essere per lui. Egli vuole che mi doni a lui perché operi in me questa dispo­sizione, e io l’ho fatto per sua grazia” (Scritti 714).

 

La seconda ragione è più complessa. All’interno della Compagnia delle Figlie della Carità, si tro­vava una esplicita reticenza o perfino un rifiuto a portare avanti la causa di canonizzazione di una fondatrice “figlia naturale”. Ha poi accettato di fare i passi necessari, ma senza molto entusiasmo. Se è vero che i santi hanno i loro momenti, quello di Luisa de Marillac non era ancora arrivato. Per questo si dovette attendere gli anni ’80.

 

Perché ritorna?

 

Sì, nel 1983, Luisa di Marillac esce finalmente dall’ombra perché il terreno era stato preparato sin dal 1958 dalla pubblicazione della biografia di Giovanni Calvet, dal titolo “SANTA LUISA DI MARILLAC, con le sue stesse parole: Ritratto”.

 

In questo libro, l’autore parla pubblicamente e per la prima volta delle circostanze della sua na­scita, degli avvenimenti drammatici e a volte trau­matizzanti della sua infanzia e giovinezza e di una vita segnata da felicità momentanee e da sofferen­za mai del tutto allontanata. Suo obiettivo era la “verità, compagna della santità”. Riconosce la ten­denza di Luisa: camminare nel “solco” di Vincen­zo de Paoli e “come sua ombra”. Vorrebbe “averne fatto emergere la sua originalità e messo in rilievo la sua vera grandezza” come “una delle più pure glorie delle donne francesi” (Calvet, 8-9).

 

Era stata necessaria anche la convergenza di due altri elementi significativi : il movimento della Promozione della Donna e la riflessone del Con­cilio Vaticano II sulla dignità della persona uma­na (Costituzione Gaudium et Spes) perché la vera Luisa ricomparisse. Il momento propizio arriverà nel 1983. Durante quest’anno viene pubblicata la nuova edizione degli Scritti Spirituali di Luisa de Marillac. Grazie a una presentazione più appro­priata, una nuova classificazione, numerose note e un indice dettagliato, si scopre, soprattutto attra­verso le sue lettere alle suore, una donna simpati­ca, piena d’umanità, attenta alla persona in tutte le sue dimensioni.

 

Che cosa dice al mondo d’oggi?

 

La pubblicazione dei suoi Scritti ha presentato la vera Luisa al mondo di lingua francese. Le tra­duzioni, che hanno fatto seguito in altre lingue, hanno diffuso la sua fama in tutto il mondo. Ma quale il ritratto che se ne ricava? Questa donna li­bera e forte del suo tempo, cosa dice in particolare agli uomini e alle donne del 21.mo secolo?

 

 

 

Il mondo è cambiato dall’epoca di Luisa di Ma­rillac, ma attraverso i secoli Luisa porta a questo mondo, dominato dalla tecnologia, dei valori uni­versali e perenni e il calore nei rapporti umani. Trecentocinquanta anni dopo la sua morte alcuni di questi valori assumono un’importanza partico­lare per la Famiglia Vincenziana.

 

Il ruolo della donna

 

Donne Contadine

 

Molto tempo prima d’ogni rivendicazione, Lu­isa ha cercato di migliorare la condizione della donna contadina: possibilità di vivere una nuova forma di vita consacrata; formazione umana, spi­rituale e professionale; preparazione alla respon­sabilità come educatrici dei trovatelli, maestre di scuola per le ragazze povere, infermiere dei malati poveri e abbandonati.

 

“Dovete essere molto riconoscenti della grazia che Dio vi ha fatto di mettervi in condizione di rendergli questi grandi servizi (Scritti 270). Non vi spaventate…(Scritti 816).

 

Donne della Borghesia e della Nobiltà

 

Luisa di Marillac era nella condizione ideale per fare da legame tra le donne contadine, che erano le Figlie della Carità e le Dame della Carità che ap­partenevano all’alta società. Questo perché come una del casato dei Marillac apparteneva all’alta società, ma aveva scelto di vivere in comunità con delle donne contadine. Mentre formava le prime Figlie della Carità per il servizio dei poveri, spes­so in collaborazione con le Dame della Carità, il suo ruolo presso le Dame era, prevalentemente, quello dell’animazione. Si sforzava con le parole, e soprattutto con il suo modo di fare, di aprirle al rispetto di ogni persona, di aiutarle a scoprire sot­to le apparenze la dignità delle persone povere, di rispettare e di lavorare su piede di egualità con le Figlie della Carità.

 

…le Dame della Carità hanno riconosciuto i bisogni dei poveri e…Dio ha fatto loro la gra­zia di aiutarli così caritatevolmente e magni­ficamente. …I mezzi di cui queste Dame ca­ritatevoli si sono servite per l’ordine delle loro distribuzioni, non sono state che le loro sante Assemblee…che provvedono…dei fedeli e ca­ritatevoli soggetti per riconoscere i reali biso­gni e provvedervi prudentemente, ciò è servito non solo per la vita corporale, ma anche per la vita spirituale. (Riflessioni di Luisa di Maril­lac, Documenti 788)

 

Rete di Carità

 

Luisa di Marillac non ha mai concepito il servi­zio dei poveri come riservato a un gruppo parti­colare di persone. Per lei, la diversità e l’estensione dei bisogni hanno richiesto una vasta rete di col­laborazioni: donne e uomini; Dame della Carità, Preti e Fratelli della Missione, Figlie della Carità, Padre dei Poveri (l’Amministrazione Municipale).

 

Per assicurare un servizio efficace, questa col­laborazione aveva le sue esigenze. Prima di tutto, un’opera di collaborazione vincenziana esige da ciascuno la volontà di riconoscere e accettare la personalità dell’altro con le sue qualità e i suoi di­fetti.

 

Rinnovatevi nello spirito dell’unione e della cordialità … L’esercizio della carità … ci por­ta sempre a non vedere i difetti degli altri con acredine, ma a scusarli sempre umiliandoci. (Scritti 312)

 

In secondo luogo una tale collaborazione ri­chiede da ciascuno il rispetto reciproco, la capaci­tà d’accogliere la parola dell’altro pur esprimendo la propria.

 

“Presentate umilmente, con forza e insie­me con dolcezza e brevità, le vostre ragioni”. (Scritti 141)

 

Infine il servizio dei poveri non è mai veramen­te vincenziano se non si caratterizza per il calore umano delle qualità femminili di cui Luisa di Ma­rillac parla così frequentemente ed esprime nella propria vita: compassione, tenerezza, dolcezza, in una parola Amore.

 

“Siate molto affabili e dolci con i vostri poveri; sapete bene che essi sono i nostri maestri e che bisogna amarli teneramente e rispettarli for­temente. Non basta che queste massime siano nel nostro animo, bisogna che le testimoniamo nel nostro comportamento caritatevole e dol­ce.” (Scritti 319)

 

 

 

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